Tra le affascinanti montagne del centro Abruzzo che tanto ispirarono l’incisore e grafico olandese Maurits Cornelius Escher, si trova Pettorano sul Gizio, borgo di epoca medievale arroccato su uno spuntone calcareo lambito ai lati dal fiume Gizio e dal torrente Riaccio, che costituisce da sempre il baluardo meridionale d’accesso alla Valle Peligna. La sua struttura urbanistica è divisa a metà, lungo la dorsale della collina su cui è arroccato. Se il lato est è quello che si affaccia sulla principale arteria di comunicazione e sul quale insistono i principali palazzi signorili, il lato ovest è quello rivolto verso il fiume e i boschi, storicamente zona di residenza popolare. La sua vocazione difensiva è testimoniata dal Castello Cantelmo e dai resti della cinta muraria. Il castello di Pettorano sul Gizio fa parte di un sistema di fortificazione comprendente i castelli circostanti di Popoli, Pacentro, Raiano, Vittorito, Prezza e Anversa. Pettorano sul Gizio, inserito nel novero dei Borghi più belli d’Italia, oltre ad essere un luogo ricco di storia, tradizioni, cultura, vanta di paesaggi naturalistici ammalianti, abitati da specie faunistiche di interesse comunitario tra cui l’orso bruno marsicano, il lupo, la salamandrina di Savi. È proprio per conservare tutto questo patrimonio naturalistico, oltre che socio-culturale, che nel 1996 è stata istituita con legge Regionale n.116, la Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, la più grande d’Abruzzo, che con i suoi 3162 ettari di estensione attraversa numerosi e suggestivi paesaggi compresi tra i 600 m s.l.m. del fiume Gizio e i 2.170 m della cima del Monte Genzana. La particolarità che la rende unica rispetto alle altre Riserve Naturali italiane, è quella di avere l’intero centro storico compreso entro il proprio perimetro. Per mantenere viva la tradizione ed insegnare ai giovani un mestiere ormai scomparso, oggi è possibile rivivere l’esperienza degli antichi carbonai visitando la “carbonaia”, riprodotta all’interno del Castello Cantelmo e assistere quindi alla tecnica di trasformazione della legna, in carbone vegetale. Fedele alla sua tradizione, Pettorano non ha dimenticato gli anni in cui la polenta era l’unico sostentamento per i lavoratori dei borghi, quindi anche dei carbonai, e ne ha fatto un piatto classico, “la polenta rognosa”, la quale deve essere rigorosamente cotta nel paiolo di rame e tagliata a fette con un filo. In passato veniva semplicemente insaporita con un’aringa, oggi viene condita con salsiccia, ventresca, pecorino abruzzese e olio extra-vergine di oliva proveniente esclusivamente dagli uliveti pettoranesi e preparata con farina di granturco otto file, un tempo macinata nei tre mulini idraulici di epoca pre-industriale presenti lungo il fiume anch’essi visitabili, che stanno a rappresentare proprio l’importanza a livello storico del fiume Gizio nell’economia del territorio di Pettorano.
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